Qual è lo status della cannabis in Italia? Il CBD è legale? Quali sono i prodotti che risultano fuori legge? Facciamo chiarezza analizzando quello che è stato detto secondo le nuove normative.

Il cannabidiolo, meglio conosciuto come CBD, è un cannabinoide non psicoattivo presente nella cannabis. Negli ultimi anni, il CBD ha acquisito una crescente popolarità a livello mondiale, grazie alle sue potenziali proprietà terapeutiche.

In Italia, la situazione del CBD è attualmente in continua evoluzione. La legge 242 del 2016 aveva legalizzato la coltivazione, la trasformazione e la vendita della cannabis light, ovvero la varietà con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%. Questo ha permesso la diffusione di prodotti a base di CBD come olio, integratori alimentari, cosmetici e prodotti per animali. Negli anni passati, agricoltori e appassionati si sono lanciati nella produzione di prodotti da vendere al grande pubblico. 

Tuttavia, il quadro normativo è ancora incerto. Nel 2020, il Ministero della Salute ha inserito il CBD tra le sostanze stupefacenti, obbligando i produttori e i venditori a richiedere una licenza. Questa decisione è stata poi contestata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, che ha stabilito che il CBD non deve essere considerato una sostanza stupefacente. Tale sospensione ha permesso la nascita di innumerevoli shop online e fisici specializzati nella cannabis light. 

Così è stato fino ad agosto 2023, in cui il destino del CBD è cambiato nuovamente generando allarme nei venditori e nei consumatori. Quindi, il CBD è legale oggi? Analizziamo a fondo la situazione in Italia. 

Il CBD è legale in Italia?

Il 21 agosto 2023 in Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un decreto firmato dal Ministero della Salute che sostanzialmente revoca la sospensione del 2020 di cui abbiamo parlato poco fa. A questo punto, il CBD rientra all’interno dei medicinali citati nel Testo Unico sugli stupefacenti

Qual è la conseguenza? Che ogni uso non farmacologico viene considerato illegale. 

Questa decisione comporta numerose conseguenze. La prima è che i prodotti a base di CBD possono essere venduti solo in farmacia. Quindi non più negli shop specializzati come è stato negli ultimi anni. Inoltre, si rende necessaria la ricetta medica per l’acquisto. 

Al momento sembrano essere interessati solamente i prodotti per uso orale, mentre nulla è stato detto su quelli da collezionismo o per uso tecnico. Ciò non toglie che prossimamente possano essere interessati tutti i prodotti a base di CBD. 

Quindi con il decreto emesso dall’attuale ministro della salute Orazio Schillaci, il CBD è stato classificato come sostanza stupefacente. Un notevole ribaltamento della normativa, considerato che molti governi considerano tale solamente il THC. 

Differenza tra CBD e THC

CBD e THC sono entrambi cannabinoidi, quindi sostanze chimiche prodotte dalla pianta di cannabis. La loro composizione chimica è molto simile, anche se non identica. Infatti, la principale differenza tra i due è che il THC è psicoattivo, mentre il CBD non lo è.

Il THC è il principale cannabinoide psicoattivo della cannabis, responsabile degli effetti euforici e alteranti dello stato di coscienza associati alla marijuana. Fa effetto nel momento in cui si lega ai recettori cannabinoidi CB1, che si trovano principalmente nel cervello. Questi recettori sono coinvolti nella regolazione di una serie di funzioni fisiologiche tra cui il dolore, l’umore, l’appetito e il sonno.

Il CBD, al contrario non è psicoattivo, per questo motivo inizialmente non era stato inserito tra gli stupefacenti. Non ha gli stessi effetti euforici del THC, ma ha una serie di potenziali benefici terapeutici. Il CBD si lega ai recettori cannabinoidi CB1 e CB2, che si trovano in tutto il corpo. Agisce quindi anche sull’infiammazione, l’ansia e la nausea.

Dato che si tratta di una sostanza psicoattiva, il THC può causare una serie di effetti collaterali tra cui ansia, paranoia e vertigini. Il CBD, invece, ha un profilo di sicurezza più favorevole.

il cbd è legale

La precedente legalizzazione del CBD

In Italia, prima del 2016, il CBD era considerato sostanza stupefacente e quindi soggetto a restrizioni. Come abbiamo già accennato, nel 2016, il Ministero della Salute italiano ha emesso una circolare che ha chiarito la sua posizione sulla commercializzazione del CBD. Secondo questa circolare, i prodotti a base di CBD con una concentrazione di THC inferiore allo 0,2% sarebbero stati considerati legali.

Quindi, quando è stato legalizzato il CBD in Italia? Proprio nel 2016. 

La legalizzazione del CBD ha permesso la crescente disponibilità di prodotti a base di CBD sul mercato italiano, inclusi oli, creme, e altri articoli. Tuttavia, la legalizzazione riguarda principalmente prodotti con bassa concentrazione di THC

In questo contesto è nata la terminologia di “cannabis light” o “cannabis legale”, ossia una varietà appositamente selezionata da sementi approvate a livello europeo che contengono una bassa percentuale di principio psicoattivo. 

In farmacia, dietro prescrizione medica, veniva venduta solamente la cannabis terapeutica. Si tratta di varietà che, al contrario, contengono un’elevata percentuale di THC. In questo caso l’acquisto può avvenire solo su consiglio del proprio medico curante per il trattamento di patologie che non possono essere altrimenti curate. 

Dove e come può essere acquistato il CBD?

Il decreto ministeriale che ha modificato la normativa sul CBD ha inserito il cannabidiolo nella tabella dei medicinali estratti da stupefacenti, rendendolo quindi disponibile solo in farmacia dietro prescrizione medica

Il medico può prescrivere il CBD per una serie di condizioni tra cui dolore cronico, ansia, insonnia e molte altre ancora. I prodotti a base di CBD disponibili in farmacia sono generalmente sotto forma di capsule o gocce. 

La digitalizzazione ha reso possibile acquistare anche online da aziende straniere, poiché la legislazione sulla cannabis cambia da Paese a Paese. Alcune aziende estere, infatti, vendono prodotti a base di CBD anche in Italia, tuttavia non è sempre chiaro se questi prodotti siano conformi alla normativa italiana. Quindi, prima di percorrere questa strada, resa più semplice con l’avvento dell’e-commerce, è necessario verificare la qualità dei prodotti. 

Non è invece ancora chiara la condizione dei prodotti per uso non alimentare, che attualmente continuano a essere venduti anche nei negozi specializzati sia fisici che online. Sarà necessario monitorare costantemente le notizie per capire come evolverà il settore. 

Cosa succede se ti beccano con il CBD e non sei autorizzato?

Il possesso, la produzione e il commercio di medicinali stupefacenti non autorizzati vengono quindi trattati come reati punibili con sanzioni amministrative e penali.

La sanzione amministrativa varia da € 250 a € 2.500. In caso di recidiva, la sanzione è aumentata da € 500 a € 5.000, ovviamente in base alla quantità detenuta.

Nel caso in cui la quantità sia molto elevata e scatti la denuncia penale, la pena detentiva può variare da 6 mesi a 3 anni e una multa da € 1.000 a € 15.000.

Chiaramente le conseguenze di essere trovati con medicinali stupefacenti non autorizzati dipendono da una serie di fattori tra cui la quantità di medicinali in possesso, la presenza di determinate sostanze illegali ed eventuali precedenti penali. In più, se si è alla guida di un veicolo, scattano anche le sanzioni del codice di circolazione. 

Per evitare problemi con i medicinali stupefacenti è importante seguire sempre la normativa italiana e acquistare solamente da aziende autorizzate alla vendita. Nel caso di dubbi, è meglio consultare un avvocato o un esperto del settore. 

Dato che la decisione presa di recente è in contrasto con l’andamento europeo, sarà necessario seguire le notizie per vedere come evolverà il settore. Federcanapa, la Federazione Italiana Canapa, ha dichiarato che “valuterà nei prossimi giorni le azioni più efficaci da intraprendere con gli operatori economici del settore per ottenere dal Governo garanzie sull’uso non solo farmacologico degli estratti di CBD ma per tutti gli usi consentiti dalla legge sulla canapa industriale”.

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